Francesco Perotti
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Foto 2

Foto 3

Un racconto del duello Missiroli - Mussolini
S. Bertoldi, Mussolini tale e quale, Longanesi, 1971, 112 ss.

Francesco Perotti
Se si visita il Monumentale di Milano, nella loggia di sinistra del noto Famedio, ci si imbatte in questo busto (foto 1), che omaggia la memoria di Francesco Perotti, mio antenato, precisamente zio della mia nonna materna.
Nato a Stradella, fiero delle sue umili origini, studiò con determinazione ferrea e si formò come autodidatta. Divenne un fine giornalista; scrisse per varie testate di provincia e quindi per il Tempo di Treves; divenne, da ultimo, caporedattore del Secolo di Milano. Dotato di intelligenza e sensibilità a tutti note, combatté politicamente come socialista ad ogni livello, in modo onesto, prospettando soluzioni, orientando visioni.
Fu vicino a Missiroli e ne divenne padrino in occasione del duello celebrato tra Missiroli e Mussolini il 13 maggio 1922 al velodromo di Milano.
È per me motivo al contempo di orgoglio ed ammirazione perpetuarne il ricordo, così come mi è stato tramandato attraverso le testimonianze dirette di mia nonna e di mia prozia.
Vorrei qui riprendere le parole che lo hanno descritto in uno dei numerosi articoli dedicati alla sua persona (cfr. foto 2). Nel ripercorrerne i tratti salienti di una purtroppo breve esistenza, se ne ricorda l'impegno attivo, il suo essere "attratto nella vita delle organizzazioni", fino a divenire ad Ancona e poi a Brescia segretario della Camera del Lavoro. "Si rivelò a Bologna, ad un Congresso della Federazione dei Lavoratori della terra, dove sul terreno sindacale si scontravano rivoluzionari e riformisti. Vi è chi ricorda come, in quel Congresso, sorgesse improvvisamente un ragazzetto pallido, mingherlino, a dire pianamente tante verità, con una logica così stringente, con un senso pratico così insolito, che tutto il Convegno ne fu rapito. Quel senso pratico, quella eloquenza serrata, ma calma, quell'argomentare positivo e diritto egli conservò poi nel giornalismo, nella polemica, nella vita".
Al pari di quanto mi è stato detto dai parenti, fin da quando ero piccola, in modo che ne potessi in una certa qual misura prendere esempio, così è ancora ricordato: "Intese la professione con la più alta nobiltà di spirito. Autodidatta, volitivo, si era fatta una solida cultura. Era un ragionatore sottile, ma misurato ed equanime. Consigliere delegato dell'Associazione Lombarda dei Giornalisti, si era prodigato assai, elemento di coesione e di moderazione, per l'organizzazione professionale".
Il lavoro era parte integrante della sua vita, un tutt'uno inscindibile, come la politica. Era capace di tornare a casa scalzo per aver dato le proprie scarpe alla prima persona indigente trovata per strada. Fu importante, molto; combattivo nel quotidiano, punto di riferimento dei vertici della politica.
Aveva una figlia, che certo da lui molto potè imparare.
Morì a 41 anni (foto3), dopo aver intensamente vissuto.
Sulla stele del busto al Monumentale sono incise queste splendide parole: "La professione che egli tanto onorò con l'ingegno e con il carattere ebbe in lui uno dei suoi più degni rappresentanti. Nato dal popolo, tutto egli dovette a se stesso. Apostolo di pace e volontario di guerra nella nobiltà del suo animo conciliava il culto della patria e dell'umanità".
Grazie zio, hai lasciato il meglio che si possa trasmettere. Questo meglio è giunto fino a me e continuerà oltre me.
Farò di tutto perché questo accada. Te lo prometto.
