Il Cappello

17.04.2018

Chiusi gli occhi..

La fronte iniziò ad alzarsi. Imponente, bianca, levigata.

Ampia, come pianura ossea aperta all'esplorazione. Spingeva in basso le sopracciglia, piegandole in un inconsueto corruccio. I bordi, dilatati, venivano contaminati dall'espansione progressiva; perdevano spessore, per commutarsi in linee monodimensionali.

La luce disegnava ombre sulla tela di carne. Arabeschi smaterializzati si alternavano in danze tribali, seguendo un ritmo ossessivamente macabro.

Era tempo di contagio. Lo si sentiva intorno a quel nuovo campo di forze e tensioni: aleggiava acre e pungente; si insinuava, progressivo e pericoloso; circolava, aggrovigliandosi in grumi viscosi.

Più sotto gli occhi si contorcevano in tristi espressioni. Scendevano e si aprivano, contemporaneamente, fino a raggiungere l'immota fissità di bulbi vitrei. Acque condensate senza riflessi. Traspiravano un umido sogghigno, che le narici espanse inspiravano in unico fiuto. Poi, una delle due bolle visive prendeva a sciogliersi, lacrimando la sua consistenza glutinosa oltre le ciglia. L'escrescenza piegava il contorno e rivoltava la forma, svuotandola dall'interno. Dell'ellissi oblunga rimaneva una scia collosa su cui si saldava l'incerto vagare della sfera sopravvissuta.

Uno sguardo immoto e ciclopico diventava centro dell'informe. Unico punto di colore in un multiverso in bianco e nero.

Le guance liquefatte si decomponevano in un piatto intrico di nervi utile a sorreggere una maschera di sorriso affacciata su una malferma palizzata di denti irregolari. Dalle fessure passavano spifferi di respiro contorti, lanuginosi filamenti lunghi e scuri, cordoni di trasmissione e vincolo verso un vuoto rimpolpato conicamente.

Uno stridore acuto fa ora crepe di ghiaccio nel nero.

Le mie palpebre si alzano di scatto. Tutto è in ordine e il profumo dell'aria intorno rassicurante. L'orologio segna le 15:33. "È tempo di uscire" - mi dico, come per rispettare un appuntamento.

Indosso rapidamente il cappotto e chiudo il collo in giri di sciarpa.

Scendo le scale, mentre una leggera contrattura mi fa arricciare il naso. Gli scalini sembrano più numerosi per il ritardo accumulato; il passamano gira vorticoso affiancando la mia corsa.

Ci sono...

Prendo respiro sulla soglia.

Il portone di ferro si apre dall'esterno.. "Meglio", penso. "Tempo guadagnato all'estrazione delle chiavi".

Qualcuno spinge ed io sono la sua ombra dall'interno.

Arretro, per consentirne il passaggio.

Entra una sagoma sconosciuta avvolta in un pastrano filamentoso.

Una goccia rappresa cade sul mio viso.

Intanto, di fronte a me, un cappello inizia a salire... 

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